mercoledì 19 dicembre 2007

GLI AUGURI PER GLI AMICI E ALTRI





1988. Gli auguri agli amici con Claudia e Luna Cacchioli nel Presepe





Auguri a Maria Immacolata Fabiani







Auguri a
Giampietro Cacchioli







Bozza sopra del foglio di auguri non completa e non corretta
(perso l'originale, ma che conserva Giampietro, credo).








Auguri a Giuseppina Berto












Auguri a Maria Berto
















Auguri a Giovanna Finesi



















Auguri a Sergio Bertolini






Auguri a Luigi Fabiani





Auguri a Rosina Maggi







Auguri alle zie suor Luigina e Teresina Giustizieri

(sorelle di mamma, al secolo Rosina e Cosimina)





Etichetta per le bottiglie di vino chiestami da Andrea e Sabina sposi





Auguri a Marina Iacobelli








AUGURI A COLLEGHI E COLLEGHE DI LAVORO CHE VANNO VIA


A Silvano Pellegrini






A Donatella che se ne va dal Comune di Civita Castellana

A Donatella




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I settant’anni di Mario Scagliarini

Caro Mario,
i tuoi 70 anni sono valsi, per noi che veniamo da Roma, una sorta di pellegrinaggio per rendere onore e affetto a una delle persone più squisite che ci sia stato dato di incontrare nella nostra vita. Ricordo, nella tua casa nel bosco ad Acquaria, l’evento dei tuoi 50 anni: eri talmente scatenato nel corso della festa che, per dimostrarci che il passare degli anni non contava nulla per te, di colpo ti esibisti un una capriola e, tenendo braccia a mani saldamente a terra, prendesti a danzare per la stanza con i piedi per aria.
Ma oggi, qui, vent’anni dopo, non voglio sfidarti. Sappiamo che la prudenza, per noi diventati tristemente saggi, vale comunque qualche anno in più della nostra vita.
Ora potrei anche stare qui ad elencarti i tratti del tuo essere uomo generoso, sempre disponibile, più spesso calmo (beh, giusto quando Maria… vabbè, lasciamo stare!).
Dunque, caro Mario, una cosa che volevo dirti da tempo, è questa: io non ho mai conosciuto nessuno saper fare i tanti mestieri che sai fare tu.
Quando sono arrivato qui la prima volta, 30 anni fa circa, il primo mestiere che ti ho visto fare è stato quello di marito di Maria. Per l’amor di dio, un mestiere degno, anzi sei stato un capostipite, visto che oggi è un mestiere in larga espansione e, in qualche modo, legato come sono a tal’altra Fabiani, ho fatto anch’io il mio apprendistato.
Ma vogliamo darti a sapere che, per questo tuo mestiere che richiede la pratica di una certa santità, noi siamo qui riuniti per attribuirti di fatto il premio Nobel per la sviscerata deferenza, o dir si voglia amore, che un uomo abbia mai esercitato nei confronti di una donna.
Mentre qui nella Pianura Padana, o Padanìa d’ampolla benedetta dir si voglia, ti si attribuisce il Nobel, non tutti sanno (e qui passiamo al tuo secondo mestiere) che è stata l’Europa a decretare che nessun preside mai è stato così valente, come sei stato tu, nel dare lustro e progresso a un’Istituto Agrario, un’azienda agricola di stato di ben 100 ettari in quel di Castelfranco Emilia. La fama della tua managerialità s’era sparsa ai quattro venti, anche negli Istituti agrari del Sud Italia, che barattavano le loro mozzarelle di bufala con i prodotti del tuo Istituto, così sani e buoni da essere raccomandati a malati e anemici dal Ministero della Sanità.
La Spagna, ricordo, in primis, ti spediva i suoi alunni perché si abbeverassero ai trucchi del tuo saper fare. Fu così che migliaia di forme di parmigiano biologico, per non dire di confetture di marmellata, di saba, cartoni di vini, di spumanti, frutta, verdure varie, fiori e perfino stelle di Natale, si sparsero per il globo terracqueo, a tal punto che nella mia Civita Castellana ormai tengo sempre segreta la mia partenza per Castelletto, a rischio di dovermi caricare al ritorno di tonnellate di parmigiano, prosciutti e via discorrendo.
Insomma il tuo Istituto Agrario era invidiato da tutti. Perciò, per questo tuo secondo mestiere, per la fama raggiunta, noi, qui, investiti dall’attuale capoccia di governo a suon di spot, ci onoriamo di insignirti del titolo di Cavaliere, titolo, certo, screditato e infausto ormai per quel che comporta nel bene e nel male, anzi nel malissimo. Ma buon per te! Avrai così diritto almeno a 70 social card, quanto gli anni della tua vita, e a un “bonus bibendi” per tracannarti tutto il pignoletto del nostro Libero Fontana che ormai mi viene in sogno tutte le notti e mi sfida a sciare in concerto con una sola mano, reggendo nell’altra una dama pignoletta da tracannare al volo.
Ma i tuoi mestieri non finiscono qui, basta chiederlo alla gente che giornalmente passa per via del Castelletto e si chiede sempre più sorpresa come sia mai possibile che lo stesso uomo un giorno lo si veda sul trattore arare la terra fin sotto l’argine; un altro, munito degli attrezzi da muratore, lo si osservi in giro con la carriola trasbordante di sabbia con sulle spalle un sacco di cemento da mezzo quintale, quindi impastare malta e tirare su muri e pali di sostegno; un altro giorno ancora, munito di pennelli e smalti vari, rimettere a nuovo porte e finestre, serrande e recinti vari; quindi, con un ohi ritmato e deciso da far invidia agli spaccalegna del Canada, dare di mannaia sui tronchi maledettamente secchi, raccogliere la legna a grandi bracciate, trasportarla rocambolescamente in un sottotetto e nasconderla bene ordinata, tanto, per paura che sporchi e che faccia fumo in sala, a nessuno verrà mai in mente di usarla.
E che dire del vederti per ore arrampicato sulla scala traballante a raccogliere i saporiti e pungenti kiwi che, a casa tua, quale frutto monocultura, hanno letteralmente stufato, sicché sei costretto a rovesciarli nei nostri portabagagli per farli arrivare giù fino a Roma. Che poi Clara usa come baratto per farsi dare le uova fresche da suo fratello Benito.
Ora poi che hai imparato a fare il pane così bene! Roba che potresti mettere su un panificio! Ti sei dovuto infatti pure costruire un forno a legna, all’aperto, e la domenica, mentre tutti vanno a messa tu, con carte a cartacce varie, accendi il forno e c’infili quella stessa legna che hai sempre rocambolescamente tirato giù dal sottotetto. E, intanto impasti acqua e farina e dài volto a pani e panetti, pizze e focacce, arrosti di cappone e torte di marmellata di kiwi, quelle che regolarmente si mangia Benito, il fratello di Clara.
E poi il cane, i tanti cani della tua vita, caro Mario, da portare a spasso lungo l’argine, dove finalmente puoi incontrare qualche bella signora ammiccante col suo bel cagnolino e finalmente distrarti un po’ come si conviene a un essere umano, e incantarla con le tue affabulazioni sulle varie specie di erbe, di piante e di fiori. I tuoi cani naturalmente, per non disturbare l’incipiente idillio, prendono sempre il largo per sospirate cagnette in amore e regolarmente, confusi come sono, consumano il loro desiderio sotto una macchina in corsa, sicché poi devi pagare anche i danni al guidatore, avendo l’assicurazione stabilito che i tuoi cani hanno l’abitudine di suicidarsi per amore.
E le belle nipotine Eleonora e Giulia sopraggiunte a dare più senso e gioia alla tua vita: lì ormai tutti i giorni ad accudirle con pappe e poppate varie, tenerle in braccio, addormentarle con le canzoncine che ti cantava la tua mamma buonanima, portarle a spasso, far loro cucù, manine manine, belle di nonno Mario, belle di qua belle di là…
Caro Mario, io vado sempre in giro a declamare la bellezza della tua terra e la straordinarietà dei suoi abitanti. Se dovessi scegliere un posto altrove dove abitare, preferirei stabilirmi qui, perché qui, ormai, è un po’ casa mia… beh, specie adesso che mi hai fatto conoscere il pignoletto di Libero Fontana!
Che dire poi degli ancora più straordinari amici che mi hai fatto conoscere e che sono diventati i miei amici di cui meno sempre vanto.
Caro Mario, a tutti quanti noi hai dato tanto. Per me sei come il simbolo della persona mite. Tutte le persone che ti sono accanto, o che ti sono state, hanno avuto fortuna, anche la tua Maria naturalmente, perché di persone miti sulla terra, mi dicono, c’è stato solo Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo, permettimi, non cantava Uen de sen go macinin come lo sai cantare tu.
Tutti noi della festa siamo qui a dirti che ti vogliamo un gran bene, desideriamo abbracciarti con tutto il cuore e farti gli auguri più belli per una vita piena sempre di belle sorprese, piena di amicizia, di affetto e di gioia. Ad multos annos, Mario.
Alfredo Romano
Centro Sociale di Castelletto di San Giovanni In Persiceto, domenica 7 dicembre 2008


































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